Se siete appassionati di YouTube è impossibile non conoscere Luì e Sofì, conosciuti per il nickname “Me Contro Te“. A soli 27 e 22 anni hanno conquistato le classifiche della nota piattaforma, diventando un vero e proprio punto di riferimento per tutti i bambini. Ed è proprio il loro successo che ha portato la Warner Bros Italia a produrre il film “Me Contro Te – La vendetta del Signor S“, la cui regia è stata affidata a Gianluca Leuzzi e il cui cast, oltre a Luì e Sofì, è composto da Michele Savoia, Giustina Buonomo, Marilisa Protomastro e Antonella Carone. Ed è proprio di quest’ultima che vi parleremo in questo articolo, che nel film sarà nelle vesti di Perfidia. Indice Perfidia, l’antagonista che lancia sempre nuove sfide nei video dei Me Contro Te, è un personaggio inventato da Sofì e Luì. Braccio destro del Signor S, sarà rappresentato da Antonella Caruso. Per entrare nei panni dell’antagonista, ha pensato ad una donna rigida, a tratti militaresca, nonostante l’ammirazione nei confronti del capo. La recitazione è un po’ sopra le righe, vietata nei classici film ma richiesta in questo. Per entrare maggiormente nel personaggio, si è ispirata a Miss Esmè Sqalor della serie Netflix “Una serie di sfortunati eventi”, Crudelia Demon e Yzma de “Le Follie dell’Imperatore”. (Come ha dichiarato l’attrice stessa in un’intervista a Bonculture). Antonella Carone commenta così su Instagram il suo debutto nel film: “L’anteprima è andata… breaking newsMe Contro Te Chiedere chi sia Antonella Carone non è impresa da poco. È un groviglio di emozioni che esplode in una risata cristallina ma è anche anima, passione, introspezione. Tutte qualità che abbiamo ritrovato nella grande interpretazione di Perfidia, portata sul grande schermo in Persi nel tempo dei Me Contro Te. È un personaggio che si tiene stretto stretto al petto e, quando ce ne ha parlato, ci è proprio sembrato di trovarcela di fronte. Una cattiva sui generis che ha costruito pezzo dopo pezzo e che ha inserito in un racconto che ha conquistato i più piccoli. E che sì, è destinato a una nuova evoluzione. Il suo racconto è un viaggio incredibile tra sentimento e mestiere, di quell’arte che si porta dentro e che l’ha portata fino a qui. Iniziamo con la domanda più difficile: Chi è Antonella Carone? Ti conosciamo per i tuoi tanti talenti. In questi ultimi tempi sei entrata nel nostro cuore grazie al personaggio di Perfidia in Persi nel Tempo dei Me Contro Te,
l’ultimo dei tre film che è uscito al cinema dal 1° gennaio. In un ipotetico viaggio temporale, i cattivi hanno assunto forme diverse, si sono evoluti e sono stati anche sdoganati. La tua “cattiva” è però moderna, contemporanea, come sei riuscita a renderla così affascinante? Il nero non diventa bianco. Rimane legata al suo cinismo, alla sua cattiveria (forse), mantiene il suo essere Perfidia. Il cambiamento non è così netto ma è sbavato. Ed è così che si presenta l’animo umano. Ritengo che sia un personaggio adulto anche per questo. Non ho voluto disegnare la favoletta del cattivo che poi diventa buono. Il mio personaggio porta uno sguardo amaro e disincantato su quello che è l’animo umano. E magari potrebbe essere la sua salvezza. Forse il cattivo può trovarsi a unire le forze, ad aiutare, può cambiare il suo modo di fare a seconda delle circostanze ma non penso che possa diventare buono da un momento all’altro”. In questo equilibrio di luce e ombra, ti senti più Perfidia o Angela di Spaccapietre? L’essere umano oscilla sempre tra queste due polarità. Abbiamo la possibilità di scegliere da che parte stare e dove vogliamo stare. È qualcosa che fa parte di tutti noi. Ogni giorno, ci lasciamo andare allo sconforto, alla desolazione, alla gelosia. Penso che faccia parte della condizione umana. È quello che amo del mio lavoro: il poter dare voce e dare sfogo a tutte le sfaccettature dell’essere umano. Mi piace colorare con una tavolozza vastissima, piena di colori. Mi piace passare da un personaggio all’altro. Non vorrei mai cristallizzarmi in un personaggio o in un carattere. Spero che non succeda mai e che mi sia data sempre la possibilità di rappresentare la vita nella sua autenticità e verità che è fatta di mille sfumature”. In questa tua capacità di interiorizzare il personaggio e metterlo al servizio del pubblico, quanto ha influito l’esperienza alla Libera Università di Alcatraz di Dario Fo? Questo significa mettersi completamente al servizio del pubblico e mettere da parte il proprio ego, utilizzarsi come strumento per dare voce alle istanze che il personaggio porta. Questa modalità è affine al pensiero di Dario Fo e Franca Rame, benché Dario fosse sempre Dario anche nella rappresentazione dei suoi racconti epici. L’idea del mestiere dell’attore come uno strumento per tirar fuori un messaggio, per tirar fuori delle istanze è proprio loro. Noi vivevamo insieme a loro, oltre ad apprendere. Si pranzava insieme, si faceva colazione insieme, si giocava a Burraco con Franca. Stiamo parlando di un Premio Nobel, nonostante Dario lo abbia condiviso moralmente con Franca, che era di un’umiltà e di un essere al servizio del mestiere che difficilmente ho ritrovato. In questo lavoro è frequente il culto di se stessi ma in loro questo non esisteva in nessuna forma, in nessuna declinazione. Penso che la loro lezione, nel mio modo di approcciarmi ai personaggi, sia questa. Chiaramente ci sono tante altre lezioni, tanti altri lasciti. Dario una volta disse: “Se vuoi fare questo mestiere devi farlo, devi praticarlo”. Non si può essere attori senza fare gli attori. Non è necessario aspettare una chiamata. Se hai qualcosa da dire, mettilo in scena, fai l’attore. Il mestiere diventa qui qualcosa di pratico, di artigianale. Questo mi è rimasto dentro”. Nel mestiere dell’attore, che hai descritto in maniera così affascinante, quanto contano le radici? Hai deciso di lasciare Roma per tornare in Puglia, a Polignano. Come mai hai fatto questa scelta? Un’ultima domanda: ti vedremo ancora nel ruolo di Perfidia? Diventerà mai buona? |